Vittorie inutili L’incubo della Seconda Repubblica di Giancarlo Tartaglia Mentre domenica meno di un terzo del popolo di sinistra si recava alle urne nelle sezioni di partito per scegliere tra Renzi e Bersani, dalle colonne del Corriere della Sera Angelo Panebianco avvertiva che quel confronto sarebbe stato anche e principalmente un referendum sulla sinistra: "vuoi tu abbandonare la tradizione e ridefinire l’identità della sinistra?". Si trattava, secondo il politologo bolognese, di scegliere tra due prospettive: da un lato quella di aprirsi ad una visione blairiana della sinistra, moderna e riformista, dall’altro quella di continuare nella tradizione post-comunista, che costituiva e costituisce l’anima e il dna della sinistra italiana. L’esito delle urne, benché scontato da tutte le previsioni e le proiezioni elettorali, è stato netto e senza equivoci. "Il segno prevalente del voto del nostro popolo – ha commentato Vendola – è una uscita a sinistra". Queste poche parole racchiudono tutto il senso di questo esito e pongono fine ad una stagione di speranza che il tentativo renziano aveva aperto. Come è stato più volte sottolineato in questi mesi il confronto tra Renzi e Bersani ha dimostrato non tanto una contrapposizione tra personalità o generazionale, quanto una diversità concreta e reale, decisamente antitetica, su temi come la politica estera, il lavoro, la scuola, il welfare, ecc. Proprio per questo è difficile poter sostenere, come ha fatto Panebianco nel suo articolo, che la vittoria di Bersani non potrà tener conto di questa presenza sia pure minoritaria nel mondo della sinistra. A esito conosciuto, Renzi ha dichiarato che continuerà a fare il Sindaco di Firenze e a cercare di farlo bene e di voler interrompere "le chiacchiere sulla politica romana". "Adesso – ha aggiunto – torno a fare il militante". Si tratta di valutazioni a caldo, ma ritengo che sia comunque da escludere la possibilità che Renzi provi a cavalcare una fronda nella sinistra che possa portare alla rottura. Se lo facesse, sarebbe accusato di tradimento e vilipeso su tutte le piazze mediatiche. Non lo farà, il suo patrimonio di idee e di battaglie si disperderà nell’arco di pochi mesi. La vittoria di Bersani ci trascina inesorabilmente indietro, come in un film dell’orrore, nell’incubo della seconda Repubblica. La foto di Vasto, archiviata come dagherrotipo, ritorna ad essere la foto di famiglia. Il candidato leader della sinistra già pregusta lo scontro con un riesumato Berlusconi, nella quasi certezza di vincere. In queste condizioni un governo Bersani, con l’ipoteca della sinistra vendoliana, non sarebbe altro che la riproposta dei governi Prodi e D’Alema, mentre dalle ceneri del centrodestra non riesce a rinascere nulla se non il volto segnato dalle rughe del tempo di Berlusconi. In questo quadro desolante appare estremamente difficile, anzi impossibile, fare delle scelte tra due schieramenti che hanno segnato in termini pesantemente negativi la vita degli ultimi venti anni della Repubblica contribuendo al degrado non solo economico ma anche culturale e morale del Paese. Il segno che siamo stati risucchiati nel passato, mentre si pensava di uscirne, è drasticamente evidenziato dal mancato accordo tra le forze parlamentari sulla modifica della legge elettorale. Si tornerà a votare con il porcellum: con un premio di maggioranza assegnato a una minoranza e con una Camera e un Senato formati non da eletti dal popolo ma da nominati dalle segreterie dei partiti. Berlusconi e Bersani potran- Segue a pag. 4 continua - no portare in Parlamento i loro fedelissimi yes man. Avremo ancora una volta un Parlamento delegittimato in quanto non più espressione della volontà popolare. A noi tutto questo è chiaro, ma è chiaro anche agli amici a noi più vicini come quelli di Terza Repubblica e di Fermare il Declino? E’ chiaro alle sparse formazioni liberali che pure esistono e hanno voglia di far sentire la loro voce? E’ chiaro al Partito Radicale che da solo non riuscirebbe mai ad essere presente in Parlamento e che ancora una volta sarebbe costretto a mendicare la sua presenza nelle file del centro sinistra o anche, perché no, del centro destra? Perché non riuscire o almeno tentare di mettere insieme tutti questi amici e queste forze per dire chiaramente all’elettorato che esiste un’altra Italia autenticamente liberale e libertaria? Forse sarebbe il caso di tentare prima di gettare la spugna e attender un’altra stagione. |